La lettura del canto secondo del Purgatorio deve essere condotta su un
piano drammaturgico, il quale però rimandi costantemente, con la forza
propria d'una rappresentazione morale, al piano spirituale di cui è
simbolo visivamente esplicantesi. Le iniziali precisazioni astronomiche,
preoccupate di rendere la situazione della luce e dell'ora; il lento
avvicinarsi sull'orizzonte visivo del lume che prende via via forma fino
ad assumere la limpida suggestione d'un primo piano; la presenza, sin
dalla prima apparizione dell'angelo nocchiero, di un rapporto tra
l'azione rappresentata e l'io del Poeta; le risonanze bibliche e la
meditazione sulla condizione pellegrinante del cristiano, introdotte
dall'inizio del salmo "In exitu Israel de Aegypto" ; l'intermezzo
musicale che aduna un pubblico ed un coro attorno all'amico musico e
cantore; il sovrapporsi della meditazione sull'amicizia alla meditazione
sul mistero della vita come peregrinatio; l'intervento di Catone che
disperde la cerchia animata dal canto per richiamare la preminenza e
sollecitudine del fine supremo sulla precarietà del terrestre; il
rompersi finale del pubblico e lo sciogliersi dell'azione, la cui resa
visiva è affidata alla similitudine dei colombi: di drammaturgia si può
parlare se si pensa allo svolgimento ritmico di questi quadri che si
muovono con logica rapidità, rivelandola sapienza registica del Poeta.
Nella ricchezza di movimento esteriore come significazione di una realtà
spirituale il canto secondo è intimamente legato al primo, ma è
soprattutto nella sua dimensione liturgica che costituisce il logico
sviluppo dei due riti di purificazione officiati da Virgilio, attraverso
i quali Dante è entrato nella "società delle anime". L'insistenza con
cui il Poeta ritorna sul candore dell'uccel divino (m'apparìo un...
bianco; i primi bianchi...; più chiaro appariva) non può non ricordarci
che il bianco è il colore che predomina nella liturgia battesimale e in
quella pasquale del giorno di Risurrezione, mentre il sacerdotale segno
di croce, ieratìcamente solenne, dell'angelo, consacra il primo momento
corale di tutto il Purgatorio e il primo incontro di Dante con l'umanità
penitente. "Tutta la montagna del purgatorio ci appare come un'immensa
basilica affollata di riti e risuonante dei canti e delle preghiere dei
fedeli. In exitu Israel de Egipto è come l'introibo nel mondo
dell'esaltazione della penitenza; è come l'antifona di un lungo ufficio
divino, di cui gli angeli sono in certo senso gli officianti. "(Marti)
In questa prospettiva liturgica, allorché termina il canto non può che
iniziare un colloquio corale (se voi sapete, mostratene la via... voi
credete forse che siamo esperti...), in cui si svela anche uno stato
d'animo comunitario di umiltà e di smarrimento - di fronte al monte che
nessuno ancora conosce. Le letture critiche di questo canto si sono
accentrate o attorno alla ricerca d'una musicalità presente in tutto il
canto ed espressa da Casella, oppure attorno alla meditazione sulla
condizione di pellegrino del cristiano, significata dalle anime del
vasello snelletto e leggiero e dal burbero intervento del veglio onesto.
Il Ferrero e l'Albini seguirono ambedue la linea della ricerca musicale
(la notazione del Boccaccio su un Dante che "sommamente si dilettò in
suoni e canti nella sua giovinezza" e il famoso passo del Convivio [II,
XIII, 24] nel quale si descrivono gli effetti della musica su un animo
nobile, "musica trae a sé li spiriti umani... si che quasi cessano da
ogni operazione" offrono l'occasione, se non altro, per un confronto fra
l'ars nova della musica medievale e il contemporaneo stil novo),
rilevando che la musicalità dei versi è, in questo canto, scandita dalla
pittoricità delle apparizioni e dall'evanescenza un po' trasognata
delle immagini e delle similitudini. Continuando su questa strada la
Batard tenta addirittura una lettura delle immagini sul contrappunto di
movenze musicali, affermando che anche l'effetto della sorpresa di
Catone, che interviene a rompere la zona d'abbandono all'arte, è
musicale: "l'intervento di Catone è anzitutto un elemento poetico:
Catone fa il censore, ma, richiamando la similitudine dei colombi,
fornisce il tema musicale del canto dell'amicizia". L'episodio di
Casella, attraverso il motivo della solenne glorificazione dell'arte -
nel rapimento della musica come mediatrice di spiritualità, costituisce
un brano di autobiografia dantesca, secondo il Marti, nel quale il Poeta
evoca nostalgicamente i miti culturali della lontana giovinezza, e lo
sforzo amoroso e tenace con cui volle realizzarli in sé "all'epoca delle
grandi speranze e delle grandi illusioni", in una Firenze "tanto
politicamente vischiosa, quanto culturalmente aperta e luminosa". È
questo un momento in cui chiara si avverte la dialettica fra Dante poeta
e Dante personaggio, fra l'io poetico "che deve trascendere le
limitazioni dell'individualità per conseguire un'esperienza di
universale esperienza" e l'io empirico che è l'"occhio individuale
necessario per percepire e fissare la materia d'esperienza"(Spitzer) :
l'intervento di Catone restituisce a Dante la consapevolezza di sé, ché
come uomo è in cammino verso la salvezza e come poeta agli altri si
offre maestro di vita. Occorre perciò "correre al monte a spogliare lo
scoglio". Del resto già prima di questo oblivioso abbandono la
condizione di pellegrini era stata subito dichiarata dal Poeta: ma noi
siam peregrin come voi siete. Se questa è la condizione umana, bisogna
conservarsi come gente che pensa a suo cammino, e non sostare,
adagiandosi nella contemplazione della realtà terrestre e nella
meditazione dei valori umani. Per questo l'intervento di Catone è
giustificato: "l'intransigenza - nota l'Apollonio - fa parte di ogni
dignitoso e coerente esercizio ascetico, anche se contraddice quella
aspirazione umanistica, cui Dante allude, della purificazione attraverso
l'arte..."
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